Inserire significa, letteralmente, “mettere una cosa dentro l’altra“. Il termine quindi indica un ingresso di qualcosa, in questo caso qualcuno, dentro una realtà precostituita cui ci si dovrà abituare e adattare. Un processo quindi di introduzione fredda, meccanica e spersonalizzata.
Indaghiamo invece il significato del verbo accogliere: dal latino ad-colligere, significa “raccogliere presso di sè”, un aprirsi dunque, mentalmente, emotivamente e spiritualmente all’altro, per riceverlo e sostenerlo.
L’accoglienza è dunque un processo attivo in senso biologico, psicologico, emotivo, sensoriale, cognitivo.
E’ un movimento verso qualcuno, verso quel bambino e il suo genitore, che entrano in un contesto totalmente nuovo e che non sanno cosa troveranno. Entrambi cercano sicurezza e in tal senso l’accoglienza al Nido dovrà essere gestita in maniera da garantire lo sviluppo di quel senso di protezione e di contenimento necessari al benessere.
Sarà quindi il Nido ad adattarsi al bambino, prestando la dovuta attenzione ai bisogni specifici e particolari di cui ognuno è portatore.
Ciò infatti consentirà a pieno la realizzazione del processo di ambientamento: in un contesto sentito come sicuro e accogliente il bambino sarà in grado di far proprio l’ambiente, conoscendone gradualmente gli spazi, gli oggetti, le persone e arrivando così infine a potersi separare senza sofferenza dal familiare che lo accompagna, certo del suo ritorno.
Curare con particolare attenzione questo momento significa porre le basi di un processo di conoscenza tra bambini, educatrici e genitori che permetterà di affrontare con successo le diverse sfide evolutive cui bambini e bambine vanno incontro nel periodo di permanenza al Nido.
Un corretto processo di ambientamento richiede di norma un periodo di circa due settimane, arco temporale necessario a far si che la separazione risulti graduale e che quindi non intimorisca.
I ritmi naturalmente varieranno da bambino a bambino, anche in considerazione delle differenze inter-individuali (alcuni bambini si ambienteranno più velocemente di altri, per cui a quest’ultimi sarà necessario offrire maggior sostegno).
CHI ACCOGLIE IL BAMBINO?
E’ bene che soprattutto nella fase iniziale di accoglienza il bambino possa contare su di una figura di riferimento stabile che lo accolga ogni mattina garantendogli un legame privilegiato. Sarà lei a preparare e curare gli oggetti, ogni giorno come se fosse il primo, controllando che siano sempre adeguati al bisogno instancabile di esplorazione proprio di questa età e studiandone la disposizione, l’ordine logico, la progressione.
Con empatia e delicatezza, adattandosi ai tempi del bambino, lo sosterrà nella conoscenza e nell’interazione con il nuovo ambiente. Fondamentale sarà anche la collaborazione con il genitore, che dovrà essere sostenuto nel costruire la debita fiducia in sé e verso i professionisti che si prenderanno cura di suo figlio/a.
QUALI SONO I TEMPI NECESSARI?
Come detto, la parola chiave nella gestione del processo di ambientamento è “gradualità”: pesare i tempi, le separazioni e i rassicuranti ricongiungimenti. E’ un equilibrio delicato, destinato a consolidarsi gradualmente.
Possibilmente i primi tre giorni il bambino dovrebbe frequentare il Nido appena una, massimo due ore e in presenza del genitore. Il tempo di permanenza al nido si allungherà poi giorno per giorno, fino a quando il bambino avrà sviluppato la fiducia necessaria per separarsi dal genitore serenamente, nell’acquisita certezza del suo ritorno.
Il segnale principale dell’efficacia dell’ambientamento è l’interazione con l’ambiente: il fare, il toccare i materiali, indica che il bambino si fida ed è pronto a dedicarsi a ciò che gli è proposto.
Questo è il momento in cui il genitore può provare ad assentarsi un’ora, offrendo al bambino una spiegazione comprensibile della sua mancanza e coinvolgendolo con una proposta di lavoro (“La mamma va a comprare il pane e poi ritorna. Tu vai a fare un bel lavoro.”).
Anche il primo allontanamento del genitore dovrà essere molto breve (al massimo un’ora). Il suo ritorno tempestivo infatti andrà a costituire per il bambino la riprova di non essere abbandonato e andrà a costituire per lui una garanzia di sicurezza.
Una cosa risulta fondamentale: evitare ad ogni costo inganni o menzogne. In tal modo infatti si rischia di perdere totalmente la sua fiducia.
COME COMPORTARSI?
La separazione è spesso quasi più difficile per il genitore che per il bambino. E’ importante che fin da subito si instauri un clima di collaborazione e di fiducia tra questi e il personale educativo, poichè solo la collaborazione e l’affidamento reciproco consentiranno al bambino di percepire quel clima di sicurezza necessario ad affidarsi al nuovo ambiente.
Nella prima fase del processo di accoglienza il genitore (che dovrebbe essere sempre lo stesso durante l’intero processo) dovrebbe occupare sempre un preciso posto nell’ambiente. L’ideale sarebbe portare con sé una piccola attività (un giornale o un libro da leggere, l’occorrente per un ricamo…) in maniera da distogliere la propria attenzione dal bambino e in questo modo essere una presenza meno forte.
Inevitabilmente infatti si cede alla tentazione di intervenire, di spronare il bambino a fare, a giocare, a parlare. Spesso però tali interventi rischiano più di intimorire che di incoraggiare: il bambino ha innanzitutto bisogno di osservare, di catturare mediante i propri sensi i caratteri del nuovo contesto, per acquisire quelle informazioni necessarie a potervi poi operare con maggior serenità.
Se il genitore è seduto e occupato serenamente in una attività comunicherà anche al bambino tale sensazione: egli si sentirà rassicurato perché conscio della presenza del genitore e consapevole di poterglisi rivolgere in caso di bisogno, e sarà quindi incoraggiato anche ad esplorare il nuovo ambiente.
La sicurezza e l’indipendenza si costruiscono gradualmente, accogliendo e sostenendo pienamente tanto il bambino quanto il genitore, gettando le basi di una nuova esperienza educativa fondante la crescita personale.
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